Vittima del massiccio attacco da parte di HAMAS (nota bene un’organizzazione considerata terroristica dalla UE) Israele vive ore drammatiche. Inspiegabilmente sorpreso, purtroppo, da quanto accaduto, deve difendersi. Se la sua superiorità militare rassicura, il contesto politico interno e internazionale rende l’azione dello Stato ebraico molto meno agevole. Al suo interno, una polarizzazione crescente e la pressione delle forze ortodosse potrebbe minarne l’efficienza e, a termine, persino la natura stessa, unica nel Medio Oriente, di stato democratico e di diritto. Sulla scena internazionale, oltre al pericolo di una escalation locale, il governo israeliano corre il rischio che molti, specie in Europa occidentale e volendo per un attimo dimenticare Russia, Cina e Turchia, siano pronti a giudicare «eccessiva» a prescindere la risposta militare israeliana. Sullo sfondo molte opinioni pubbliche incerte e i flussi mediatici dominanti propensi a ripetere le tesi sostanzialmente giustificazioniste che conosciamo. I palestinesi come sole vittime, gli israeliani come soli oppressori, l’aggressione come simbolo di una lotta di per sé giusta, le violenze come «tragiche risposte» a violenze altrui.
Non è così. Certo, ogni parte, anche lo Stato ebraico, ha anche i suoi torti, le sue vittime e i suoi eccessi. Certo, ogni morte, in ogni campo, è una tragedia e nessuna violenza una soluzione. Ma colpe e vittime, in quella regione del mondo dove la pace è una chimera da decenni, si sommano e non compensano a vicenda, come troppi tendono a pensare. Senza dimenticare, e invece spesso accade, che Israele è una democrazia sotto attacco, che ogni democratico dovrebbe, in quanto tale, sentirsi di difendere.
Fonte: Corriere del Ticino – 10 ottobre 2023