L’opinione di Simona Genini, candidata al Gran Consiglio per il PLR
Se gli anni della pandemia ci hanno insegnato qualcosa, è che costruire le libertà individuali è un percorso lungo e faticoso – mentre la via inversa è uno scivolo, lungo il quale si cade rapidissimamente.
Ora che l’emergenza sanitaria è finita, la nostra democrazia sta ricostruendo il suo stile di vita liberale. Il problema è che i divieti, in qualsiasi sistema politico, funzionano come il cibo spazzatura: basta un assaggio, e poi un boccone tira l’altro.
Ho vissuto sulla mia pelle questa dinamica, insieme a tutto il settore finanziario svizzero, dopo la crisi finanziaria del 2007/2008. Con il pretesto di combattere le storture del sistema, la Svizzera ha infatti sacrificato il diritto di ogni persona alla tutela della sua sfera privata. Il risultato è che oggi nel nostro Paese, purtroppo, qualsiasi investitore è trattato come se fosse un evasore fiscale, fino a prova contraria.
La pandemia ha riacceso le stesse manie di controllo, stavolta però estendendole all’intero spazio pubblico. Una prova? Solo qualche giorno fa, le Ferrovie federali svizzere hanno annunciato l’intenzione di installare sistemi di riconoscimento facciale in 57 stazioni ferroviarie del nostro Paese. Un moderato come Alessandro Trivilini, professore alla SUPSI, parlando con il CdT ha usato parole eloquenti: «Potremmo essere al limite di un sistema di tracciamento dati totalitario come quello cinese».
Sebbene le FFS nel frattempo abbiano già ingranato la retromarcia, sarebbe ingenuo illudersi che la questione si chiuda qui. In assenza di limiti chiari, è inevitabile che dove oggi ci sono telecamere domani arrivino anche i software-spia.
Il punto è che non possiamo permetterci di sacrificare, un’altra volta, una fetta della nostra libertà in nome della promessa, molto vaga, di un «aumento della sicurezza». Le nuove tecnologie hanno ormai il potere di renderci completamente trasparenti di fronte allo Stato, e di esporci a eventuali cambiamenti del vento ideologico. Pensate solo alle donne statunitensi che si recano fuori dal loro Stato di residenza per sfuggire ai nuovi limiti all’interruzione di gravidanza, e corrono il rischio di essere «smascherate» dai dati del loro dispositivi mobili.
La Svizzera è un Paese stabile e democratico, ma non esistono esseri umani al di sopra delle tentazioni – e l’immane potenza della tecnologia ne offre davvero troppe, specialmente ai tanti nemici delle libertà personali. Se sarò eletta nel Parlamento cantonale, mi impegnerò per limitare drasticamente le possibilità di impiego sul nostro territorio di strumenti come i sistemi di riconoscimento facciale.
Fonte: Corriere del Ticino – 27 febbraio 2023