Mi appresto a festeggiare il Natale della Patria partecipando al Comitato cantonale del Partito liberale radicale. Purtroppo (dirò in seguito il perché dell’utilizzo di tale avverbio) sono una delle poche «elette» che potrà presenziare all’incontro previsto alle 9.00 di mattina. Alle 10.00 vi è in programma la festa per tutti gli amici liberali radicali. Su quello che penso della congiunzione tra il partito al quale appartengo e il PPD lo esprimerò in quella sede, ma vorrei spendere qualche parola sul modus operandi.
Dopo l’ultimo comitato cantonale avevo espresso il desiderio che il partito tornasse ad essere più democratico e aperto al rispetto delle procedure in quanto le forzature, e le imposizioni, non dovrebbero essere nel DNA di un partito di centro. Questo auspicio è stato recepito in extremis e probabilmente dopo varie rivendicazioni della base. Gli statuti del Partito liberale non contemplano l’organo competente per decidere su una congiunzione elettorale con un’altra lista; mi sembra che interpretando l’art. 45 lett. a delle norme sia più una prerogativa del congresso che del Comitato, ma quando vi è un tema così importante non ci si deve unicamente formalizzare, bensì ci si deve chiedere chi sarà toccato da questa scelta. È indubbio che un’eventuale congiunzione formale avrà delle ripercussioni su tutti gli aderenti di entrambi i partiti: come dovranno comportarsi i nostri esponenti che sono presenti in tutti i consessi, dal 2 di agosto? Ora la cosiddetta base doveva potersi esprimere, vuoi tramite una consultazione preventiva, vuoi con un dibattito fiume. Non capisco neppure la scelta di impedire ai mass media di partecipare alla riunione del Comitato. Noti e autorevoli esponenti del partito si sono già espressi sugli organi di stampa. E allora non siamo capaci di dibattere in un modo schietto e che venga riportato dai mass media?
L’allora presidente della Confederazione (Maurer) nel 2013 nel suo discorso al convegno dei media svizzeri si era chinato sui compiti dei media in una democrazia liberale. Questo passaggio del suo intervento (nel quale rimarca il compito originario della stampa) mi sembra fondamentale e lo riporto testualmente: «Ed è qui che emerge il ruolo decisivo dei quotidiani e delle riviste per la libertà e la democrazia. Dall’invenzione della stampa i giornali erano sempre stati sottoposti a una forma di censura più o meno rigida. Da quel momento in poi sarebbero diventati un elemento essenziale dello Stato liberale. Alla stampa è affidato per così dire il mandato di difendere la libertà».
Da ultimo vorrei ricordare che su «Opinione liberale» del 3 giugno 2016 si rendeva omaggio a Libero Olgiati descrivendolo come colui che promosse l’unità nella diversità e difese con slancio libertà e giustizia. Ecco: come si può pensare che un partito che si definisce liberale possa credere che in un’ora di tempo si possano gettare le basi per decidere una svolta così importante su un’alleanza di centro che potrebbe essere il motore trainante dei prossimi anni? Con una procedura così si è già perdenti in partenza.
Pubblicato su: Corriere del Ticino – 26 luglio 2019