Ieri sera si è tenuto il Consiglio comunale a Lugano con Giovanna Viscardi in qualità di prima cittadina. Non è mia abitudine mettere su questo sito discorso di altri ma quanto detto da Giovanna ieri sera merita e suggerisce una qualche riflessione sul ruolo dei politici; lo riporto qui di seguito, per sua gentile concessione.
Gentili signore ed egregi signori presenti stasera nel pubblico, signori Segretario e collaboratori della Città, care colleghe e cari colleghi Consiglieri Comunali, signor Sindaco, signora Municipale e signori Municipali, permettetemi di iniziare questo breve discorso esprimendo gratitudine al mio partito e a voi tutti che mi avete concesso l’onore di accedere alla carica di prima cittadina – così usa dire – in questo scorcio di legislatura, che è per me il compimento dei sedici anni di appartenenza al legislativo cittadino.
Sono riconoscente per questa attestazione di stima, che va oltre i miei meriti, ma che accetto ben volentieri, potendo contare sulla vostra fiducia che mi auguro non venga meno.
Nel lontano 1980 anche mio padre ha ricoperto la medesima carica; aveva quarantacinque anni. Io di anni ne compio quarantaquattro; credo dunque di poter affermare che questa sia l’unica volta che riesco a intraprendere qualcosa prima di lui.
Mi sono interrogata sull’indirizzo che avrei voluto dare a questa mia, di fatto fuggevole, introduzione. Avrei desiderato riportarvi, stasera, qualche citazione dotta, cercando di intessere, intorno a quelle, una trama che contenesse spunti di riflessione persino di indole filosofica. Sennonché, pochi giorni fa, mi è capitato di parlare con la mia nipotina di 9 anni. Alice è forse fin troppo matura per la sua età, legge moltissimo e di certo non sta crescendo in un ambiente in cui non si respira aria di politica. Così le ho chiesto “secondo te, cosa fa la zia Gio quando fa la politica? E come deve comportarsi?”, la sua risposta -di cui dirò alla fine- disarmante nella sua semplice veridicità, esprime l’aspettativa innocente di una bimba verso il mondo degli adulti, e in particolare di quelli che vede come chiamati a operare per i cittadini.
Con buona parte di voi ho percorso un lungo cammino -ma quanto breve sembra visto a ritroso- accompagnando, da questo luogo privilegiato, un tratto di vita della Città contrassegnato da sorti alterne. Si dice che era così anche in passato: a momenti felici sono puntualmente succeduti periodi meno propizi a seconda degli accadimenti, specie di quelli legati all’andamento della congiuntura economica. Le ristrettezze finanziarie, reali o presunte, hanno condizionato e condizionano inevitabilmente le iniziative progettuali. Le visioni trovano terreno poco fecondo se mancano o sembrano mancare i mezzi che lascino almeno intravedere una possibilità di concretarsi in progetti realizzabili.
Insieme con i più di voi siamo stati colti di sorpresa dai tracolli finanziari del 2008. Ci siamo dovuti accorgere che qualcosa era veramente cambiato imponendo un radicale mutamento dei paradigmi, che nel bene e nel male, avevano informato il processo evolutivo degli ultimi decenni del secolo scorso. Il solco è stato profondo, e non è ancora completamente colmato.
Di pari passo, ma in direzione opposta, si è aperto il grande capitolo, denso di promesse ma anche di incognite, della digitalizzazione, che schiude prospettive del tutto nuove, in gran parte ancora da esplorare. In poco più di un decennio abbiamo insomma vissuto, non senza una sensazione di impotenza, una sorta di pacifica ma non inoffensiva rivoluzione di cui non sono ancora percepibili gli sbocchi.
È d’improvviso cresciuta la sensazione di insicurezza. Il confronto, umanamente comprensibile, con chi esce indisturbato o addirittura rafforzato da questa fase di transizione acuisce il sofferto tormento di chi non sente più protetta e sufficiente la sua buona volontà e guarda con paura al futuro.
È sorta impetuosa una domanda di certezze che difficilmente può essere soddisfatta, anche se ridotta al minimo delle sue esigenze.
Il mondo della politica stenta a comprendere i fenomeni in atto, suscitando l’impressione di non essere in grado di padroneggiarli ma, al contrario, di esserne quasi sopraffatto.
Le soluzioni sembrano rincorrere, con affanno, le manifestazioni di scontento e intervengono solo laddove queste si palesano insostenibili.
Rare sono le prese di coscienza delle cause del cambiamento epocale, rarissime sono le proposte organiche e razionali per il loro governo.
In un contesto storico come quello attuale, in cui si sente spesso parlare di crisi della democrazia, è ancora più urgente interrogarsi sulle modalità di svolgimento del nostro compito politico; se adottare cioè una politica più responsiva o attenersi, invece, a una politica ancora più responsabile.
Non c’è dubbio che seguire unicamente la politica delle risposte a breve, mostra una scarsa propensione ad assumersi le responsabilità sul lungo periodo; in particolare, a sentirsi responsabili delle potenziali conseguenze negative di provvedimenti di natura solo contingente. D’altra parte, non si può nemmeno giustificare con l’imperativo delle decisioni responsabili una politica che non dia risposte alle aspettative dei cittadini.
È nostro compito trovare il giusto equilibrio tra i due modi di agire. Ancor di più in un anno preelettorale, in cui è forte la tentazione di ricercare consensi negli elettori attraverso riscontri immediati e non di rado illusori, lasciando ad altri il compito serio di operare secondo una politica forse non così attrattiva e spesso portatrice di riscontri meno compiacenti, proprio perché dettati dal senso di responsabilità.
Quello che stiamo cominciando è l’ultimo anno di una legislatura che ci ha visti confrontati con molti temi importanti, e progetti di rilievo. Grandi progetti, appunto, che sono tuttavia rimasti al loro stato poco più che embrionale.
È forse il segno di una nostra incapacità di realizzare certe visioni (realizzazione che comporterebbe un’inevitabile assunzione di responsabilità), oppure è il segno che quelle visioni non sono di fatto adeguate al contesto della Città, che purtroppo continua ad essere considerata in modo frammentario e non nella sua interezza, non disponendo ancora di una coerente progettualità d’insieme, né sotto il profilo concettuale, né sotto il profilo pianificatorio.
Peraltro, la carenza di una proiezione complessiva mal si accompagna alla politica aggregativa portata avanti da chi ci ha preceduto, e rischia di produrre il perverso effetto di un progressivo allontanamento dei quartieri della cintura, che solo di rado vengono resi partecipi di progetti di grande respiro, e ancora attendono risposte a questioni di carattere locale.
Il desiderio di realizzare grandi progetti non deve però permettere di perdere di vista la realtà della Città e dei cittadini che la abitano. Cittadini che, sempre più, dimostrano di essere pervasi da un senso di sfiducia verso istituzioni e politici, cui rimproverano di promettere e non mantenere, di progettare e non realizzare. Cittadini che si sentono sempre più distanti da politici considerati parte di un’élite, che dà l’impressione di non operare più per il bene pubblico, ma di perdersi in una competizione partitica fine a se stessa.
Per arginare questo progressivo senso di diffidenza, è necessario ridare significato ai valori fondanti, che dovrebbero costituire i punti cardine del nostro agire in quanto rappresentanti dei cittadini.
Globalizzazione, mercati finanziari instabili, distorsione dei diritti e dei doveri, rischio di crisi sociali, sistema ecologico in pericolo: sono solo alcuni degli elementi del contesto socioeconomico con i quali la politica si trova e si troverà confrontata.
Per contrastare le manifestazioni di dispregio e di indifferenza dei cittadini occorre essere in grado di dare responsabili risposte alle loro domande, e ricreare la sensazione di vicinanza che si è persa negli anni.
Qualificativi come preparato, onesto, disinteressato, e concetti come collaborazione, bene pubblico e disponibilità all’ascolto dovrebbero costituire gli elementi imprescindibili dell’operare in politica.
Eppure, il più delle volte i riferimenti ai valori si palesano come vacui richiami, parole che non si inverano nell’azione.
Ecco perché, nel rinnovare i miei sentimenti di gratitudine a voi tutti, concludo questo mio discorso riportando la risposta della mia nipotina Alice, nella speranza che possa ricordarci quale dovrebbe essere l’anelito che ci spinge a fare politica.
La domanda era: “Alice, secondo te, cosa fa la zia Gio quando fa la politica? E come deve comportarsi?”
La risposta è stata: “Lavori per tutti i cittadini e anche per me, ma non perché sono tua nipote, ma perché sono una cittadina, e chi fa politica lo deve fare onestamente e per tutti tutti”.Reciprocamente auguriamoci buon lavoro; la Città ne ha bisogno.
– Giovanna Viscardi