Svizzera competitiva quo vadis?

Giovedì scorso ho potuto assistere ai lavori parlamentari del Consiglio nazionale riguardanti la mozione che chiedeva negoziati complementari in merito all’Accordo quadro Svizzera-UE. Non ho afferrato bene la posizione del Consiglio federale che proponeva di respingere questo atto parlamentare per questioni formali. Dalla discussione è emerso che un’ampia maggioranza ritiene che oggi una votazione popolare sul testo dell’accordo non raccoglierebbe il necessario consenso. Pertanto il voto della Camera bassa è da intendere quale invito al Governo ad approfondire ulteriormente i tre temi più discussi: protezione del mercato del lavoro, direttiva europea sulla cittadinanza e aiuti di Stato. Sembra che i tempi siano stretti per trovare una soluzione politicamente accettabile per le due parti. La linea dura di Juncker è condizionata anche, come emerso alla serata politica organizzata da Swissbanking (la stessa sera), dall’attuale impasse tra Bruxelles e la Gran Bretagna sul tema della Brexit, oltre che dai problemi interni dell’Unione europea. La Svizzera, indipendentemente da queste posizioni, deve salvaguardare i propri interessi. E questo mi suggerisce una riflessione.

L’accesso al mercato finanziario è un tema importante e irrisolto per i nostri istituti bancari. Se talune grandi banche si sono organizzate in modo tale da non essere troppo penalizzate dalla situazione di stallo, ciò non risolve i problemi della piazza finanziaria ticinese, la quale si scontra da tempo sull’atteggiamento di totale rifiuto da parte dell’Italia. Il nostro vicino non solo non sembra disposto a concedere l’accesso al mercato, ma ha intrapreso «misure intimidatorie» nei confronti di determinati istituti (vedi lettere inviate dall’Agenzia delle entrate con rivendicazioni fiscali di attività in Italia senza rispettare le dovute procedure convenzionali).

In questo scenario difficile la Svizzera può dimostrare di essere in grado di superare questi ostacoli grazie alla sua capacità di innovazione e di mediazione. Occorre sapere uscire dagli schemi e essere rivolti al futuro cogliendo le opportunità che offrono le nuove tecnologie e la digitalizzazione. Proprio in questo ambito le nuove norme fiscali recentemente approvate in votazione popolare (la RFFA) potranno permettere alle aziende di ottenere vantaggi fiscali qualora operassero sul nostro territorio con attività di ricerca e sviluppo. Evidentemente ciò avrebbe quale logica conseguenza la creazione di posti di lavoro altamente qualificati a conferma dell’attrattiva della nostra nazione. Non posso che concludere auspicando che i nostri politici riescano ad avere il coraggio di essere il primo tassello per favorire, ulteriormente, questo genere di imprenditoria, in modo da poter mantenere e creare benessere per tutta la società.

Pubblicato su: Corriere del Ticino – 24 giugno 2019