Avvocato, fiscalista, impegnata in associazioni culturali, da giovane fu hostess al Festival
Ci eravamo lasciati due anni fa. Poi la pausa per l’edizione numero 70. Eccoci di nuovo qui con la gabbia del Pardo. A turno cattureremo una personalità presente al Festival, per vivere con lei una giornata nella magia di piazza Grande.
È mercoledì 1. agosto. Si inaugura ufficialmente la rassegna e si celebra il Natale della Patria. Simona Genini, avvocato, fiscalista, docente alla SUPSI e al Centro di studi bancari, impegnata in associazioni culturali come i2a Friends e Amici del Bigorio, già attiva politicamente e già funzionaria a Bellinzona, nonché – last but not least – mamma, si presenta all’appuntamento in piazza Castello a las cinco de la tarde in elegantissimi colori rossocrociati. Sano patriottismo. «Il Festival è molto locarnese, molto ticinese, molto svizzero e molto internazionale. Ha tutte queste patrie. E oggi è la festa della Patria» afferma l’ospite.
Neanche il tempo di incamminarci verso piazza Grande che dall’entrata laterale del Palacinema si precipita il presidentissimo Marco Solari e ci intercetta. «Vi ho visti arrivare. Salite un attimo». La cattura è sua. È di fretta perché deve recarsi alla Magistrale per la cerimonia e i discorsi, ma teneva a mostrare la nuova casa del Pardo e dove il capo e la squadra lavorano. Ufficio minimalista, qualche libro, cimeli pardeschi. Simona Genini non era ancora stata al Palacinema, sede anche del CISA, il Conservatorio internazionale delle scienze audiovisive. «Ricordo il fondatore – dice -, il compianto Pio Bordoni, un vero amico, le belle serate a casa sua, per cena, con grandi personaggi come ospiti». Ad esempio? «Bertolucci, Lidia Ravera, Steve Lee».
Ci spostiamo in piazza: il fotografo attende. Chatrian se ne va: un giudizio sulla sua direzione? «Dimostra che l’apertura e l’internazionalità sono la chiave del successo: e la Svizzera le favorisce» commenta Simona Genini. «Una direzione senz’altro positiva». E per il futuro: continuità o cambiamento? «Si possono sempre avere entrambi. La verve e l’energia di Solari aiuteranno». Chatrian a Berlino? «Vuol dire che il Ticino è anche un punto di partenza, non solo di ritorno». Orgoglio ticinese? «Indubbiamente». L’obiettivo coglie l’ospite nel caldo afoso delle ottomila sedie pardate vuote. Poi nel tunnel rinfrescato del red carpet. Qualche turista curioso osserva. Chissà che non sia un’attrice in posa. E vai di cellulare, non si sa mai. Tutto il mondo è paese. Soprattutto il mondo della fiction. Cosa risponderebbe se passasse un regista e dicesse: la ingaggio per un film? «Risponderei: parliamone. Nella mia vita ho imparato a fare di tutto». Mai lavorato nello spettacolo? «No. Da ragazza volevo fare l’archeologo, poi l’architetto. Adesso farei la fotografa». Per l’appunto.
Si va alla cerimonia ufficiale alla Magistrale. Parlano il sindaco Scherrer, il consigliere di Stato Bertoli («Film liberi per emozioni vere», dice: Simona Genini annuisce), il consigliere federale Berset, poi Solari e Chatrian. Un caldo soffocante, tantissime persone. Strette di mano, baci e abbracci. Chiedo una foto con Berset e l’ospite, discretamente. Gentilissimo il ministro si presta. Ma una schiera di fotografi si accalca e fa partire una mitragliata di scatti, manco fossero i paparazzi sulla Croisette. Il cielo sopra Locarno minaccia un acquazzone. «Mi viene in mente Raimondo Rezzonico che ogni sera invocava la Madonna del Sasso» dice l’ingabbiata. E Simona Genini chi invoca? «Domanda troppo personale».
È l’ora della piazza. Soffiano raffiche di vento. A Bellinzona e Lugano diluvia. Qui invece la Madonna ha guardato giù. Si entra nel ring, senza evitare la perquisizione della borsetta rossa: essere patrioti va bene, ma la sicurezza non concede privilegi. Cos’è il Festival per Simona Genini? «Una galleria di ricordi. Fin da ragazza. Ero studentessa all’uni, ho lavorato qui al festival, come hostess di uno sponsor. Per me era tutta magia. Quando cala il sole sulla piazza è un momento quasi intimo». I ricordi più belli? «Il primo film che mi ha emozionata è Lanterne rosse: lanciò il cinema cinese e l’attrice Gong Li. Poi Trois couleurs: Bleu con Juliette Binoche. E La vita è bella: Benigni che era collegato telefonicamente con la piazza. Ricordi bellissimi». Il film preferito? «La mia Africa: la scena dello shampo è di una bellezza unica: lavare i capelli quale gesto d’amore molto più di altri». In piazza si spengono le luci e si riaccende la magia. Sul megaschermo non c’è una storia d’amore, ma la commedia francese Les Beaux Esprits. «Ben ritmato, un inno alla capacità di interagire, però quella svolta verso il finale…». La pagella di Simona Genini? «Tra discreto e bello». Film libero? Certamente. Emozioni vere? Si rientra.
Fabio Pontiggia
Pubblicato su: Corriere del Ticino – 3 agosto 2018