Si svolge in questi giorni a Lugano la seconda Biennale i2a “Permanenze e metamorfosi del territorio: la società del futuro tra urbanità e cultura”
In occasione della prima Biennale del 2016 si era parlato del territorio come patrimonio da conservare e da trasmettere, vale a dire come responsabilità. Allora il 2018 ci sembrava futuro, oggi è il presente.
L’edizione di quest’anno della nostra biennale è dedicata, appunto, al tema del futuro. Il leit motiv è sempre e comunque permanenze e metamorfosi, altrimenti detto ciò che resta è ciò che si trasforma. Il territorio non è solo lo spazio che ospiterà il futuro, è anche una parte del futuro stesso. Non a caso si dice “costruire” il futuro, proprio come si dice di una casa, un palazzo, una strada. Nel “costruire” è insita la realizzazione di qualcosa che si proietta a lungo nel tempo a venire, nel futuro appunto. Si potrebbe dire che si “costruisce” solo ciò che si vuole resti, che vada ben oltre il momento della sua realizzazione. Chi dice futuro pensa quindi essenzialmente,ed ancora, al tema della responsabilità, dal nostro punto di vista verso il territorio come spazio del vivere, abitare, discutere.
In Ticino, ma certo non solo, si è costruito molto. Non altrettanto credo però si sia pensato al fatto che, assieme a case e strade, si edificasse, appunto, anche un pezzo di futuro. Individuale ma non soltanto. Personalmente, poi nei dettagli spiegheranno meglio di me le curatrici, credo che la nostra impostazione della Biennale 2018 vada vista anche sotto un duplice aspetto. Capire quale sarà il territorio delle società e delle economie digitali, vale a dire fatte non tanto di materia ma di relazioni e reti comunicative. Se oltre 2 miliardi di persone “abitano” ormai in FACEBOOK, quali sono le conseguenze sul territorio fisico? Se la mobilità diventa la forma di visione abituale, come interagire con ciò che è fisso per definizione, appunto il territorio fisico. Se la flessibilità diventa la forma abituale di vita delle persone, che conseguenza ha questo sul loro rapporto con il territorio che per definizione è un bene poco flessibile?
Questi giorni di discussione favoriranno se non nuove risposte almeno nuove domande, adatte al futuro. Quelle che ci vogliono in una società che vive ormai nel mondo digitale, popolata però di donne e uomini che, sulle reti sociali, si scambiamo foto di case, castelli, montagne e tramonti. Cioè di territorio. Così facendo esse sembrano esprimere proprio l’idea che il territorio sia una delle ultime forme di linguaggio comprensibile e condiviso: un tramonto, un rustico, un paesaggio edificato o meno, sembrano essere una sorta di linguaggio comune. Il territorio, insomma, sembra parlare una lingua che tutti capiscono.
Simona Genini, Presidente dell’Associazione amici i2a
Pubblicata su: Corriere del Ticino – 27 aprile 2018